Padre
Raimondo Calcagno fu un'esemplare figura di sacerdote di cui,
con voto unanime, la città e la diocesi di Chioggia hanno
chiesto l'inizio del processo di canonizzazione, considerando
che la sua fama di santità, viva più che mai, perdura
ancor oggi, a più di trenta anni dalla morte.
Nato a Chioggia il 17 aprile 1888 da una famiglia di pescatori, povera ma di sani principi religiosi, fin da ragazzo dimostrò la vocazione di educatore che lo caratterizzerà per tutta la vita, in una città marinara in cui povertà, analfabetismo, degrado morale erano la condizione più diffusa ed il problema più impellente. Sentì pressante il desiderio di impegnarsi nell'Azione Cattolica, di cui nel 1902 divenne il presidente, dedicando le migliori energie in modo particolare ai ragazzi poveri. Quest'esperienza, che conduce parallelamente agli studi ginnasiali e liceali presso il seminario, gli consentì di maturare alcune fondamentali convinzioni che poi, divenuto sacerdote filippino (28 marzo 1914), |
lo porteranno ad istituire l'oratorio
- ricreatorio "San Filippo Neri" a seguito del vivo
proposito di spendere la sua vita per le anime, specialmente
dei fanciulli e dei giovani della sua città.
Nel 1921 accettò anche la direzione del patronato "San Gerolamo Emiliani" (oggi giustamente a lui dedicato), che accoglieva soprattutto ragazzi estremamente poveri ed orfani di padre pescatore, che diverranno lo scopo fondamentale della sua missione sacerdotale. Si trasforma nell'uomo della carità ed il suo amore per loro gli farà dire sul letto di morte che a lui, i ragazzi, non hanno mai dato fastidio. Li vuole buoni e allegri, ma onesti e virtuosi: li educa cristianamente sull'esempio di San Filippo Neri e di Don Bosco e comunica loro una grande devozione alla Madonna. Adopera una "autorità amabile", quella che conquista i cuori e utilizza il gioco, il canto, le fiabe e il teatro, dove ogni ragazzo può |
esprimere le proprie doti.
Contastorie di razza, sfrutta il mezzo della fiaba per trasmettere un messaggio educativo in preparazione alla vita. Nulla è lasciato al caso. Con grande fervore lavora all'educazione di questi fanciulli, con buon senso e sulla scorta di una provata esperienza, con sagacia, con intuito e soprattutto con tanta umiltà.Viene presto conosciuto ed apprezzato come vero "apostolo della gioventù", il "Don Bosco lagunare", il prete dei "fioi". Sacerdote di eminente pietà, fu assiduo confessore non solo nella sua chiesa, ma anche nel seminario locale ove svolse per diversi anni le funzioni di padre spirituale dei seminaristi e dei chierici, ai quali donava la sua testimonianza di fedeltà a Cristo e di impegno nella via della santità che inculcava a tutti, facendo straordinariamente bene le cose ordinarie di ogni giorno. Una santità a cui, a suo avviso, nessuno può sottrarsi e che deve essere costruita giorno dopo giorno. |
Soleva dire infatti: " È la santità
che ci rende interessanti al mondo".
Fu anche uomo di preghiera: trascorreva molte ore della giornata inginocchiato davanti al Santissimo, rapito in contemplazione. Grazie alla sua cultura giuridica e alla sua preparazione teologica, scritturale e patristica, partecipò a vari Congressi filippini suggerendo significativi aggiornamenti alle regole della Congregazione dell'Oratorio e assumendo l'incarico di direttore delle associazioni sacerdotali "Sacerdoti adoratori" e "Unione apostolica del clero". Desideroso di donarsi con totale altruismo al prossimo e in obbedienza ai superiori, dal 1948 al 1957 rivestì il nuovo, per lui, ruolo di parroco e di preposito presso la congregazione di Verona, ove diede impulso alle vocazioni e al ripristino di quella comunità, seguendo spiritualmente anche l'Istituto religioso delle Sorelle "Poverette della casa di Nazareth", fondato da padre Filippo Bardellini d.O. a Ponton di Domegliara. |
Anche in quell'occasione dimostrò un impegno personale
ininterrotto, una forza di volontà incredibile, un servizio
umile, reso con capacità, comprensione, amabilità.
Ritornato nel 1957 nella sua amata Chioggia, riprese l'attività tra i ragazzi col medesimo fervore di un tempo, nonostante l'età e la malattia incipiente che lo tormentava. Ai ragazzi, ai seminaristi, ai suoi confratelli era solito raccomandare: "Vivete nella carità". Il suo ultimo pensiero, prima della pia morte avvenuta a Chioggia il 18 luglio 1964, fu per i suoi monelli ai quali aveva dedicato ogni energia e per i quali fu padre, fratello, amico, fidato consigliere. E a chi voleva zittirli, mentre si trovava a letto, in fin di vita, ripetè convinto: "Lasciateli giocare".La sua fama di santità, già presente in vita, andò via via incrementandosi dopo la sua morte e la solenne commemorazione del 25° anniversario fu l'occasione per chiedere ufficialmente alla Autorità ecclesiastica l'apertura della causa di canonizzazione. |